Mario Tamponi Zurück
P. Federico Lombardi, gesuita e portavoce del pontefice riformatore, è stato scrittore di Civiltà Cattolica e per 25 anni direttore di Radio Vaticana. È stato anche superiore della Provincia italiana della Compagnia di Gesù e ne conosce profondamente la spiritualità. Ha studiato teologia all’Università di Francoforte e matematica a Torino, dove ci siamo conosciuti collaborando insieme ad una rivista culturale. L‘ho intervistato a Roma nell’aprile del 2016. RINNOVAMENTO SPIRITUALE 1. Anni fa intendevo pubblicare una lettera aperta al papa per criticare alcuni aspetti del centralismo teologico e istituzionale o della pomposità di stile e di linguaggio di difficile comprensione da parte di una cultura moderna cristiana e laica. L’avvento di Papa Francesco ha ovviamente scavalcato ogni mia attesa. Questo pontefice alla guida della più globale delle istituzioni si pone personalmente all’avanguardia e cerca di tirare e velocizzare tutto l’apparato. Quanto c’è di gesuitico e quanto di personale in questo stile inedito? Lombardi: Ha colpito profondamente il modo con cui Papa Francesco si è presentato in pubblico già subito dopo la sua elezione. Tutti hanno sentito nell’aria il clima di grande libertà, semplicità e sincerità, che penso vada interpetato con la sua risposta di disponibilità ad una chiamata di Dio al servizio della Chiesa e dell’umanità. Una chiamata che certamente non ha cercato; il fatto di sentirla venire dall’alto gli ha dato e gli dà una grande serenità nonostante il peso del compito. Io credo che sia profondamente cristiano vivere la propria vita come una risposta. La capacità di Papa Francesco di parlare al popolo riunito coinvolgendolo nel dialogo attivo e nella preghiera è certamente un suo carisma personale, ma è anche frutto di una lunga attività pastorale in una grande diocesi. Certamente rientrano nella spiritualità della Compagnia di Gesù l‘ascolto delle chiamate di Dio, sempre nuove e spesso inaspettate, e la volontà di rispondere nel modo migliore con tutte le proprie forze anche se limitate; anche quel modo di coinvolgere semplice e profondo è presente nella pedagogia degli Esercizi Spirituali di Ignazio di Loyola. 2. Nei colloqui di Papa Francesco con i giornalisti in aereo spesso si vede accanto P. Lombardi a volte sorridente, a volte anche un pò imbarazzato. Cosa pensa quando lo sente parlare a ruota libera anche su questioni fondamentali? Da un papa si aspetterebbe maggiore prudenza? Lombardi: Penso che ognuno nell’esprimersi debba essere se stesso e dare il meglio di sè con chiunque parli; del resto dire quello che si ha nel cuore dà credibilità e autorevolezza ad ogni discorso. Così è Papa Francesco, sempre se stesso anche quando dialoga con i giornalisti. Si espone con estrema libertà nonostante i rischi, ma con la sostanziale fiducia di essere capito e accolto. E lo fa in un modo discorsivo, cercando a volte la parola o la frase adatta mentre si esprime. Non dà affatto l’impressione di ripetere cose prefabbricate o precotte, ma di voler capire quello che gli viene chiesto e di rispondere riflessivamente, di vivere intensamente il dialogo nel momento in cui si svolge. E questo è molto apprezzato dai tanti che lo ascoltano in atteggiamento positivo. I giornalisti gli sono grati anche del tempo e dell’attenzione che il Papa dedica loro nei lunghi viaggi aerei di ritorno; sono sempre incontri eccezionali per la spontaneità e la durata. 3. Ma quelle conversazioni sono veramente del tutto improvvisate? Non si concorda prima almeno l’ambito tematico o una linea? Lombardi: Il Papa ha sempre accettato che gli venissero rivolte domande di qualunque tipo senza riserve particolari e senza pretendere di conoscerle in anticipo. Questa capacità di dialogo aperto è coerente con la visione che egli ha della vita della Chiesa e della società come realtà dinamiche, in cammino: si discerne insieme quello che dice lo Spirito e insieme si cerca la strada, il meglio per la comunità. Riconosce anche che ci sono delle cose che non conosce e delle altre ancora aperte su cui è opportuno dare delle indicazioni provvisorie. Talvolta ammette molto semplicemente che a certe domande non riesce a dare risposte: ad esempio perchè i bambini soffrono. È un modo molto umano questo, ma anche profondamente spirituale, da uomo di fede che si sente inserito in un popolo che non ha solo certezze. Gli interlocutori più intelligenti vivono il senso profondo di questo stile di essere e comunicare. Altri invece, per fortuna pochi, che non riescono a sintonizzarsi si fermano magari su una parola o una frase, cercano di leggerla in modo negativo o di innescarvi una polemica. 4. Accanto alla grande popolarità di Papa Francesco tra laici e agnostici, il mondo cattolico è diviso tra l’entusiasmo della maggioranza e la resistenza di conservatori e di buona parte del clero legato ad una Chiesa dei privilegi e dei dogmi. Alcuni sembrano remare contro o non remare affatto; nelle parrocchie d’Italia e di altri paesi non vengono neppure diffuse le lettere pastorali del pontefice. Almeno l‘enciclica „Laudato sì“ non avrebbe meritato una diffusione più ampia e capillare? Lombardi: L’enciclica „Laudato sì“ mi sembra estremamente importante; è il risultato di una maturazione del magistero di Papa Francesco capace di affrontare domande globali del nostro tempo e di parlare all’umanità nel suo insieme, e questo è stato percepito da molti lettori autorevoli anche al di fuori della Chiesa. È un documento quindi che va preso molto sul serio e andrebbe analizzato continuamente perchè è ricco, straordinariamente complesso e completo. Tenendo conto dei risultati della scienza diventa riflessione antropologica e teologica, considera i problemi della società interpellando anche le responsabilità dei politici; ed è un appello alla conversione spirituale di ciascuno e della società per un modo diverso di vivere la propria condizione davanti a Dio, il rapporto con gli altri e con la creazione. È un discorso di grandissimo impatto e respiro. Ma nel mondo di oggi bisogna tener conto del gran flusso di informazioni che vengono date per passare subito alle successive. Il problema di consumare in fretta cultura e spiritualità riguarda persino la Chiesa. Ma anche in questo è impensabile un atteggiamento autoritario da parte di Papa Francesco. 5. Non basterebbe che le Conferenze episcopali di tutto il mondo partecipassero più attivamente? Papa Francesco è democratico e discreto, ma per riuscire nel suo impegno riformatore non dovrebbe esigere almeno dai collaboratori istituzionali il sostegno necessario? Lombardi: Nella fase precedente alla pubblicazione di questa enciclica egli ha fatto mandare per e- mail informazioni e spunti di riflessione sul tema a tutti i vescovi del mondo per non coglierli di sorpresa e perchè cominciassero a prepararsi spiritualmente e culturalmente per poter poi trasmettere l’Enciclica con la necessaria partecipazione; è stata una forma nuova nel modo di comunicare e coinvolgere. Una volta pubblicata rimane naturalmente compito dei singoli il modo di leggerla e di diffonderla; cosa del resto che molti hanno fatto molto seriamente. Papa Francesco non ha un’idea così centralistica della Chiesa, anzi la sua è un’idea molto decentrata. Egli dà degli impulsi ma si aspetta che sia il popolo di Dio ai diversi livelli a farne l’uso migliore. 6. Alcuni critici relativizzano l‘attuale indirizzo a favore dei poveri e delle periferie del mondo col riferimento alla particolare esperienza sudamericana di papa Bergoglio. Ma la povertà non è il tratto dominante del Vangelo nella contrapposizione tra Dio e mammona, tra silenzio e schiamazzo o salotto, tra essere e avere? Lombardi: La predilezione dei poveri nel Vangelo è del tutto evidente e non si può certo rinfacciare al Papa di essere fedele al Vangelo; è un aspetto caratteristico di questo pontificato che si è manifestato fin dall’inizio con la scelta del nome di Francesco. Di questa dimensione dovrebbe essere consapevole ogni cristiano. Nella teologia e nella spiritualità dell‘America Latina il tema della povertà è stato molto approfondito ed è caratterizzante. Può essere vero che la provenienza del Papa giochi un certo ruolo. Ma quando il suo atteggiamento viene talvolta interpretato come rivoluzionario o marxista, egli ne sorride perchè per lui non è frutto di un’ideologia, ma è semplicemente conforme al modello di Gesù, che nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo ci dice anche in base a quali criteri saremo giudicati alla fine della vita. È un passo che il Papa cita spesso e prende molto sul serio. 7. Papa Francesco non si limita a tutelare i poveri, ne sposa interamente la causa... Lombardi: È importante capire come lui vede e vive il suo servizio nei confronti della società e della politica. Ha un annuncio evangelico da fare, con una forte capacità di identificazione si mette nell‘ottica di chi vive nelle periferie e nei luoghi di indigenza, e con coraggio e determinazione prende posizione contro tutto ciò che nel mondo di oggi è incompatibile con la dignità della persona e con le possibilità di sviluppo per tutti. Se il mondo lo si esamina dal centro, dall’ottica di chi ha il potere di influire sul sistema, è molto più difficile vedere le disfunzioni; magari si crede di essere sulla strada giusta, di fare il possibile per correggerle, ma si tende a considerarle come inevitabili. Se invece ci si pone, come Papa Francesco fa, dalla parte di chi sta subendo le conseguenze gravissime di ciò che oggi nel mondo non va, le conseguenze dei conflitti, dello sfruttamento, del traffico delle persone e così via, allora l’urgenza di intervenire per cambiare diventa un assillo drammatico. 8. Secondo certi personaggi dell’economia e della finanza la critica radicale di Papa Francesco alla mondanità consumistica e al dio-denaro contrasta con la natura di un certo capitalismo anche sociale che garantirebbe libertà e sviluppo. Cosa ne pensa? Lombardi: Papa Francesco non pretende di entrare nelle teorie e nel dettaglio dei processi che andrebbero rivisti; questo lo lascia ai tecnici dell’economia e della politica. Da autorità morale ritiene suo compito indicare i grandi criteri per cambiare quello che provoca le più grandi ingiustizie e sofferenze. Ispirato dal Vangelo dice con forza che il commercio delle armi non va, che ciò che porta alla disoccupazione dei giovani non va, che i profughi debbano lasciare le loro case e morire sulla strada dell’esilio non va... 9. Nell’alternativa tra le varie scuole di teologia dogmatica e biblica Papa Francesco predilige la biblica col richiamo diretto al linguaggio del Vangelo, all‘univoca testimonianza di Gesù, all’apertura universale del suo messaggio. In effetti la condanna del cosiddetto relativismo da parte di qualche pontefice era di difficile comprensione per una filosofia moderna che nel mondo evidenzia le diversità storiche e culturali e sotto il profilo spirituale riscopre e valorizza i „cristiani anonimi“, cioè tutti gli uomini, non pochi, che non si riconoscono cattolici ma praticano l’etica evangelica dell’amore e della solidarietà. Qual è la Sua opinione? Lombardi: Direi che Papa Francesco si pone in una prospettiva neotestamentaria e prende le parole del Vangelo come dette a ciascuno di noi senza sottigliezze interpretative. Papa Benedetto, di cui tra l’altro sono stato un grande ammiratore, in alcune occasioni come nei suoi discorsi al Parlamento tedesco o al Westminster Hall ha cercato di instaurare un dialogo culturalmente e concettualmente articolato con la cultura moderna, in particolare europea, e ne ha indicato anche delle dinamiche negative o „suicide“, come la perdita di riferimenti per l’orientamento etico dell’umanità in cammino. Certamente lo ha fatto con un linguaggio diverso da quello profetico di Francesco. Francesco è positivo, parla molto dell’amore di Dio per tutti, ma è di una durezza senza pari quando condanna l’ingiustizia, lo sfruttamento delle persone, il commercio che porta alla guerra e alla morte. In questo senso Benedetto e Francesco sono più vicini di quanto possa sembrare, anche se i modi di far maturare la consapevolezza del male sono differenti. Penso che i due approcci siano complementari per un discorso completo sul presente e sul futuro dell’umanità. Nei due papi che ho servito non vedo una divergenza di prospettiva; potremmo cogliere una sostanziale continuità anche con Giovanni Paolo. 10. Con l’evoluzione del cattolicesimo degli ultimi decenni e ora con l’apertura di Papa Francesco parecchi dei contrasti teologici e istituzionali tra cattolici e protestanti della Riforma sembrano superati o almeno di più facile ricomposizione. Perchè non si avverte un‘accelerazione significativa del processo ecumenico verso l’unità? Lombardi: A Roma Papa Francesco ha visitato la comunità della Chiesa luterana in un clima di grande cordialità. Per la fine di ottobre ha accettato di partecipare a Lund in Svezia ad una celebrazione ecumenica per il quinto centenario della Riforma protestante; sarà un momento importante di dialogo nei confronti dei luterani e della Riforma in generale, un evento promettente. Bisogna riconoscere però che finora i progressi di questo ecumenismo sono meno significativi o vistosi di quelli verso gli ortodossi d’Oriente. Quando Papa Benedetto ad Erfurt in Germania ha parlato di Riforma si è soffermato proprio sull‘esperienza di fede in Cristo, sul rapporto personale con Dio, che è stato molto forte in Lutero e che andrebbe sottolineato oggi nel deserto della secolarizzazione soprattutto in tante regioni dell’Europa del nord. Ecco, penso che per far progredire l’ecumenismo questo debba essere il vero punto di riferimento; è anche la prima cosa che ci viene richiesta come missione comune. 11. Esiste un dialogo con le comunità evangeliche più profetiche? Lombardi: Una grande novità è indubbiamente il fatto che da quando era in Argentina Papa Francesco vive un dialogo intenso con le Chiese pentecostali e con altre comunità evangeliche che nascono dalla Riforma ma operano in modo profetico, meno istituzionale; sono una realtà immensa soprattutto nell’America Latina, ma anche in altre regioni del mondo. Già a Buenos Aires era in stretto contatto col pastore Traettino, che guida una comunità vicino a Caserta, non lontano da Napoli; in Italia da papa lo ha incontrato a Caserta e a Roma assieme ad altri pastori. Nel dialogo con loro va direttamente al centro della fede cristiana, all’esperienza dell’incontro personale con Cristo e dell’annuncio della persona di Cristo nella vita della comunità. Il dialogo è proficuo anche perchè non è un confronto di concetti e sistemi teologici, ma riguarda la fede vissuta. 12. Il Giubileo della Misericordia si presenta come una grande opportunità postconciliare che la Chiesa e l’umanità dovrebbero cogliere per una partecipazione più convinta e generosa. È così? Lombardi: L’amore di Dio, la sua disponibilità a perdonare sempre e la salvezza per tutti sono temi che Papa Francesco fin dai primissimi giorni del suo pontificato ripete senza tregua, evidentemente dall’abbondanza del cuore, e che ora si esprimono in modo particolarmente efficace nel Giubileo della Misericordia. Della misericordia di Dio anche Giovanni Paolo e Benedetto ne hanno parlato continuamente; del resto è il cuore del messaggio cristiano. Ma Papa Francesco ha dimostrato la grande capacità di trasmetterlo e farlo arrivare all’attenzione e alla sensibilità delle persone. Di questo anch’io gli sono estremamente grato come sacerdote. Ho proprio l’impressione che egli sia riuscito a cambiare un’atmosfera, una prospettiva nei confronti della Chiesa, che spesso è vista, anche se superficialmente e ingiustamente, come una Chiesa del no e dei precetti negativi, una Chiesa ancorata al passato che limita la libertà e l’espressione della persona. Papa Francesco ha messo in prima linea la forza dell’annuncio dell’amore di Dio per tutti e ha saputo esprimerlo anche con gesti credibili: il suo andare incontro alla gente, ai malati, ai bambini; il desiderio di manifestare tenerezza e incoraggiamento è espressione della sua umanità, ma anche della vicinanza tangibile di Dio. E così tante persone sono tornate a confessarsi non come pratica comandata secondo antichi precetti, ma come un‘occasione di incontrare la misericordia di Dio. 13. Qual è il senso del decentramento geografico di questo Giubileo? Lombardi: Molto originale è l’idea della molteplicità delle porte, cioè il fatto che non vengano chiamati tutti a Roma per passare attraverso la porta di San Pietro o delle altre basiliche papali, ma che le porte siano in tutto il mondo perchè la misericordia di Dio è dappertutto: è aperta nelle carceri per quelli che non ne possono uscire, negli ospedali per gli ammalati che vi sono ricoverati. Originale è anche il fatto che la prima porta aperta non fosse quella storica di San Pietro, ma in un posto povero e decentrato dell’Africa: segnale di una Chiesa presente nelle periferie e dell‘amore di Dio che non dimentica nessuno. Il Giubileo della Misericordia esprime quindi questo messaggio, che è centrale. La Chiesa esiste per questo, l’unica sua ragione è annunciare l’amore di Dio. Gli altri aspetti della riforma della Chiesa di cui tanto si parla sono tutti da leggere a partire da questo; sono utili e importanti solo se rendono la Chiesa in tutte le sue strutture e articolazioni uno strumento efficace e trasparente dell’amore di Dio. FINANZE E RIFORME 14 . Con la sobrietà di papa Francesco contrastano lo stile di vita e l‘immagine di certi prelati che alimentano lo scandalismo nei media. Perchè non prevedere nel futuro che almeno la nomina dei cardinali (se non anche dei vescovi) si abbini al voto di povertà, che del resto viene praticato dai membri di ordini religiosi, gesuiti in prima linea? La porpora cardinalizia non significa sequela totale del Cristo fino al martirio? Se papa Francesco avviasse anche questa riforma non risolverebbe a monte tanti problemi di controtestimonianza? Lombardi: Il comportamento di controtestimonianza di persone di chiesa nel campo della povertà come in altri della vita personale, con gli scandali che hanno dato un’immagine molto negativa della Chiesa e ne hanno allontanato tante persone, è certamente uno dei temi dolorosi con cui bisogna confrontarsi, come Papa Benedetto ha cominciato a fare e Papa Francesco fa. La povertà come vita distaccata dalle ricchezze e dalle esteriorità e non condizionata dalla ricerca dell‘avere è una cosa talmente evidente nel Vangelo; non so che cos’altro ci voglia se non leggerlo e ascoltare quello che dice Gesù. Vale assolutamente per ogni credente, tanto più per chi nella Chiesa ha responsabilità particolari. Per i religiosi il voto di povertà è un impegno preciso con norme collegate ad una forma istituzionale di vita: un religioso non ha proprietà personali ma vive inserito in una comunità. C’è tutta una storia ed una tradizione di vita in povertà; il voto è un impegno spirituale di fronte a Dio ma con una precisa espressione giuridica. Per questo non vedo come lo si possa imporre al collegio dei cardinali, persone che vengono da tutto il mondo da situazioni ed esperienze diverse. Colgo quindi il messaggio, ma non ne vedo la concretizzazione. 15. Qualche volta Papa Francesco ha chiesto pubblicamente scusa per gli scandali finanziari e di comportamento anche all’interno del Vaticano. Perchè gli è così difficile arrivare al pieno controllo? Lombardi: Negli ultimi tempi anche nell’opinione pubblica si è parlato molto della gestione del denaro in Vaticano e sul tema degli abusi sessuali nei confronti dei minori nella Chiesa in generale: due grandi filoni di preoccupante controtestimonianza di cui anch’io mi sono occupato. Ho l’impressione che l’immagine negativa che ne è risultata sia comprensibile, ma esasperata rispetto all’oggettiva gravità delle situazioni. Vale soprattutto per le questioni economiche e finanziarie. È difficile parlarne in breve, ma che cosa sta facendo Papa Francesco ? Da tener presente è che è cambiato il contesto in cui ci si muove. La realtà del mondo di oggi richiede una competenza e delle procedure di controllo che sono immensamente più complesse di quelle familiari e bonarie del passato. Neanche per il Vaticano è facile trasformare le proprie istituzioni, adattarle agli standard che il mondo globale sta imponendo alle diverse amministrazioni per combattere fenomeni globali come il finanziamento del terrorismo, il riciclaggio del denaro e così via. Questo processo può essere anche oggetto di valutazioni differenti in una istituzione come la Chiesa che ha una lunga storia e viene quindi da contesti diversi da quelli degli Stati o delle organizzazioni internazionali odierne. 16. Eppure ci sono forti tensioni interne e un contrasto tra chi vuole il cambiamento e chi l’ostacola... Lombardi: Parecchie delle tensioni interne sono da leggere come modi diversi di vedere e trattare realtà opinabili anche da un punto di vista tecnico. L’interpretazione che vede una lotta per la purificazione in cui tutti i buoni stanno da una parte e i cattivi che resistono al cambiamento dall’altra a me sembra ipersemplificatrice. Molte persone che io stimo e ritengo profondamente oneste hanno opinioni differenti sul modo di affrontare determinate situazioni, pur aspirando generalmente ad una trasparenza e correttezza amministrativa che renda più difficili le illegalità e le truffe. 17. Ma si comincia a vedere qualche risultato concreto? Lombardi: Sulla scia di ciò che aveva già cominciato a fare Benedetto, Papa Francesco ha avviato con coraggio delle riforme di rinnovamento, innanzitutto costituendo delle commissioni di esame delle situazioni (che nel frattempo hanno fatto i loro rapporti), una segreteria per l’economia, un revisore generale e così via. Il Papa indica con fiducia il percorso e dà degli impulsi consistenti, ma riconosce lui stesso di non essere in grado di trovare da solo le soluzioni, che invece vanno cercate insieme, a volte con grande fatica. La sua riforma della Curia risponde a quello che la stessa Congregazione dei cardinali prima del conclave auspicava; e lui ora ci lavora con il Consiglio dei nove cardinali, allargando spesso la consultazione ai capi dicastero e ad altre persone. Non bisogna illudersi che la riforma della Curia si concluda in tempi brevi, ma cominciamo a vedere dei risultati parziali: il Papa ha già approvato la linea di rinnovamento di alcuni dicasteri sulle questioni economiche ed ha annunciato il dicastero sui laici, la famiglia e la vita. La sua esortazione postsinodale “Amoris laetitia” sull’amore nella famiglia, appena pubblicata, rientra in questo spirito. 18. Esiste un piano di lavoro con tappe e tempi precisi? Lombardi: Non è possibile fare un unico piano di rinnovamento della Curia nel suo complesso in un modo articolato e definitivo fissando una scaletta di tappe e tempi precisi. La stessa cosa vale per la soluzione dei problemi di carattere economico, le procedure di controllo che garantiscano trasparenza. È qualcosa che procede, ma non è ancora del tutto definitivo. Speriamo che possa diventarlo presto, ma probabilmente nel frattempo la situazione sarà cambiata e bisognerà elaborare nuovi strumenti nella Chiesa come nel mondo attorno. Non è che le normative per la lotta contro il riciclaggio e altro siano nate in un solo giorno perfettamente definite e valide per secoli; è una lotta continua dell’umanità per far fronte alle sfide. 19. Papa Francesco auspica “una Chiesa povera per i poveri”. I media riferiscono che il Vaticano possiede a Roma migliaia di immobili con una gestione fuori controllo, quindi neppure redditizia. Quanto c’è di vero? Lombardi: È immagine corrente quella di un’immensa quantità di beni del Vaticano male amministrati che potrebbero essere utilizzati chissà come. Vero è che con i proventi di un certo numero di terreni e immobili si mantengono le istituzioni della Curia romana al servizio della Chiesa universale. Se il Papa vuole avere la Congregazione per la dottrina della fede, per il clero, per la liturgia, per l’unità dei cristiani, per il dialogo interreligioso, ad esempio con i musulmani, c’è bisogno di denaro per mantenere le persone che ci lavorano e finanziarne le attività, che non sono attività commerciali con profitto. Per un’ampia gamma di beni che sono in territorio italiano vengono pagate le tasse; a Roma i maggiori contribuenti fiscali sono le istituzioni del Vaticano. A parte alcune proprietà su cui si discute se si sia tenuti a pagare le tasse o meno, per quanto riguarda le grandi amministrazioni vaticane io non ho molti dubbi sulla loro correttezza fiscale verso l’Italia e anche sull’utilizzo dei beni. Spesso c’è l’equivoco che tutto quello che fa capo in qualche modo a istituzioni ecclesiastiche sia del Vaticano. Con la gestione delle sedi e dei beni delle congregazioni religiose, delle parrocchie e delle associazioni cattoliche il Vaticano non c’entra assolutamente nulla. 20. Con la vendita almeno dei beni forse non bene amministrati o forse non strettamente necessari per le esigenze urgenti del governo della Chiesa non sarebbe possibile creare ad esempio una grande fondazione per interventi contro la fame, per la salute e l’alfabetizzazione nei paesi del sottosviluppo? Moltissimi avrebbero interesse a contribuire con offerte e donazioni a condizione che si abbia la certezza che tutto il donato arrivi direttamente ai bisognosi, senza alcuna detrazione per spese organizzative, amministrative o promozionali, da coprire invece con gli interessi bancari. Altra condizione per un rapporto di fiducia sarebbe che il comitato direttivo sia costituito da personaggi internazionali di varia fede e orientamento, di provata integrità e competenza. Un sistema così concepito con lo spirito “laico” del buon samaritano potrebbe disporre di fondi incalcolabili da parte di credenti e non credenti di tutto il mondo con effetti straordinari per il bene di tante popolazioni. Non sarebbe in piena sintonia col coraggio evangelico di papa Francesco? Lombardi: La mia perplessità su questa idea nasce dalla visione che Papa Francesco ha di una Chiesa non centralizzata. La Chiesa è una comunità presente in tutta la terra e partecipa al cammino dell’umanità con responsabilità di pastori e laici distribuite nello spazio e nel tempo. Occuparsi dei poveri è un dovere di tutti i cristiani in ogni parte del mondo. Il fatto di pensare ad una grande fondazione centrale che sia in grado di rendere più efficiente la carità mi sembra in controtendenza con l’attuale impegno del Papa di fare del governo centrale una forma di servizio il più agile e semplice possibile per vivacizzare e responsabilizzare la Chiesa là dove si trova, anche nell’esercizio della carità. COMUNICAZIONE 21. Papa Francesco ama la vicinanza della gente senza preoccuparsi delle opportune misure di sicurezza... persino nella Repubblica Centroafricana o nel cuore del narcotraffico messicano. Non ha paura di possibili attentati? Con quale spirito lo fa, dato che per realizzare le sue riforme dovrebbe vivere il più a lungo possibile? Lombardi: È vero, Papa Francesco non si preoccupa della propria sicurezza, anzi in molti casi mette in difficoltà i suoi collaboratori e i suoi ospitanti perchè nell’organizzazione di visite ed eventi non vuole che si prendano misure che facciano da barriera tra lui e le persone che desiderano incontrarlo o vederlo da vicino; per questo rifiuta anche un papamobile blindato. È una scelta prioritaria che pone tutto il resto in secondo piano. Esprimere prossimità al popolo significa per lui manifestare la vicinanza di Dio; misure che la limitino contrasterebbero con la natura stessa del suo ministero, col suo stile di assoluta spontaneità. Con ciò i collaboratori non sono esentati da accorgimenti particolari perchè il Papa ad esempio non venga travolto dalle folle. Di fatto c’è un gioco delle parti tra espressività della comunicazione e prudenza, ma in questo modus vivendi è chiaro che il Papa si preoccupa solo della prima. C’è ovviamente anche una certa protezione invisibile, ma io sono convinto che se qualcuno volesse veramente fargli del male troverebbe il modo di farlo tra le tantissime situazioni in cui il Papa scende tra la gente ed entra negli eventi. La protezione totale è assolutamente impossibile; cercarla significherebbe ingabbiarsi, non esporsi. Papa Francesco sceglie l’esatto contrario. 22. Eppure è il leader più esposto al mondo e non c’è nessun altro anche molto meno a rischio che si senta di imitarlo... Lombardi: Va sottolineata la dimensione molto particolare del vivere questo rapporto con la gente, che è la fiducia. Il Papa che non cerca misure di protezione dice di fatto a chi gli sta intorno: io mi fido di te, mi affido a te perchè credo che tu mi voglia bene ed io desidero incontrarti. Anzi dice: io mi fido completamente di tutti voi e vi vengo incontro; lo dice anche se forse c’è qualcuno che questa fiducia non la merita. E così si crea un rapporto di amicizia e complicità. È un messaggio molto bello di questo pontificato; lo si coglie anche o soprattutto in situazioni estreme. In Messico, ad esempio, si aveva l’impressione che non ci fossero dei rischi per la sicurezza anche in luoghi che sono estremamente violenti. Nessuno pensava che quella violenza potesse essere rivolta contro il Papa; oltretutto sarebbe stato un grave errore da parte di chi ne fosse stato tentato. A Bangui in Africa, quando si è recato nella moschea in territorio musulmano, gli esperti della sicurezza erano concordi che vi fossero rischi quasi insostenibili. E invece il desiderio di Francesco di dialogo interreligioso e lo spirito di fratellanza con cui si è presentato hanno creato attorno a lui una grande solidarietà da parte della stessa comunità musulmana, che alla fine si è sentita in qualche modo corresponsabile della protezione rispetto ad eventuali terroristi in giro per il paese. E l’incontro è culminato in un clima di entusiasmo quando il Papa, ormai rispettato come un amico sincero, ha fatto salire l’Imam sul papamobile per fare assieme il giro dello stadio. 23. Visto dall‘esterno in un papa colpisce paradossalmente la condizione di solitudine. Da una parte ha funzioni singolari ad alto ritmo lavorativo fino alla morte, sempre sotto i riflettori e le telecamere del mondo, senza la possibilità di scaricare su altri la propria responsabilità. Per Papa Francesco c’è poi il supplemento di solitudine del riformatore non sostenuto da tutti e spesso ostacolato anche dai vicini. Una volta lui stesso ha motivato con ragioni di salute psichica la scelta di vivere a Santa Marta assieme a persone semplici. Come commenta tutto ciò alla luce della conoscenza diretta che Lei ha della sua persona e della figura istituzionale? Lombardi: Non ho l’impressione che Papa Francesco si senta solo nel senso ordinario del termine. Una vita di fede molto intensa lo rende sereno, come anch’io vedo ogni volta che lo incontro, e gli consente di dare una testimonianza di serenità anche in momenti difficili; penso al periodo del Sinodo con le sue dinamiche di tensione che lui ha sempre vissuto con la capacità di sorridere. E poi sa benissimo di avere attorno tante persone leali e desiderose di collaborare. Devo dire - e sono 25 anni che vivo e lavoro nell’ambito del Vaticano - che ho conosciuto un numero enorme di persone di grandissimo valore e di provatissima onestà che considerano il loro servizio come una missione. Ci potrà essere qualcuno con delle debolezze di ambizione o di ricerca di sè o con delle reazioni negative rispetto a certi cambiamenti in corso, certamente... sono centinaia e centinaia le persone che lavorano in Vaticano e non siamo tutti degli angeli. Però il Papa sa che ci sono tanti di cui può fidarsi pienamente, che gli vogliono bene, che apprezzano il suo servizio straordinario nonostante certi momenti di tensione sulle riforme interne; e sarebbe da ciechi non vedere l’eco così ampia e positiva che riscuote nella Chiesa e fuori. La ragione per cui ha deciso di abitare a Santa Marta è il desiderio di una vita semplice anche nel quotidiano, di evitare la separazione clericale, di vivere la prossimità agli altri; ma non principalmente perchè altrimenti si sentirebbe solo. Solo può sentirsi anche chi vive una vita di comunità ma ha difficoltà a comunicare con gli altri. 24. La sua solitudine potrebbe essere più profonda sul piano della spiritualità personale. Come „vicario di Cristo“ non potrebbe neppure permettersi le umanissime „notti dello spirito“, come succede a santi e mistici con episodiche crisi di fede, ma anche allo stesso Gesù quando sulla croce si sente abbandonato dal Padre... Lombardi: Non mi pare che egli disegni la propria spiritualità in termini molto diversi rispetto a quella di ogni cristiano. Ha cercato di farcelo vedere ad esempio confessandosi in pubblico. Si sente quindi anche peccatore e bisognoso di sacramenti come ognuno di noi. Ha detto persino molto semplicemente che qualche volta si addormenta mentre prega. Che possa avere anche lui nella vita spirituale momenti di difficoltà, delle prove, io non lo escludo, ma non lo so. Ha ricevuto un compito estremamente importante e delicato, ma penso che proprio per questo riceva dal Signore anche l’aiuto necessario per svolgerlo, per essere per noi roccia e confermarci nella fede. Benedetto ha detto tante volte che se il Papa conferma nella fede la Chiesa, reciprocamente la sua fede è confermata da quella dei fedeli. Questa è anche la ragione per cui Papa Francesco sente fortissimo il desiderio della vicinanza del popolo di Dio e il bisogno della sua preghiera, che chiede continuamente. Non posso entrare nei dettagli dell‘esperienza spirituale del Papa; lascio che sia lui a raccontarla, se vuole. Intervista di Mario Tamponi (Roma, aprile 2016)
Papa Francesco visto dal suo portavoce