Mario Tamponi Zurück
…ma c’è chi prepara la nostra guerra nucleare! Con tutti i problemi di sopravvivenza e convivenza nel nostro mondo una guerra nucleare appare ai più ancora come un’ipotesi di follia, quasi un’astrazione mentale. Nel secondo dopoguerra è stata proprio la reciproca deterrenza atomica di USA e Unione Sovietica ad impedire che la guerra fredda, persino nei momenti più critici come nella crisi di Cuba, degenerasse in calda. Il fatto che anche una minima parte dell’arsenale atomico delle due superpotenze rivali potesse distruggere il genere umano ci tranquillizzava con la rimozione di scenari suicidi. In effetti la loro competizione armata si limitava (si fa per dire) al sostegno di conflitti regionali: si dava per scontato che da uno scontro nucleare nessuno sarebbe potuto uscirne vincitore e che, una volta schiacciato il bottone, sarebbe stato difficile dosare la devastazione o rallentare i tempi per un ripensamento. Oggi sembra che non sia più così. Qualche giorno fa in un documentario di mezzanotte della televisione tedesca ho visto e sentito delle cose allucinanti. Si dà per certo che a nostra insaputa numerosi e autorevoli esperti militari, considerando sempre più probabile un conflitto nucleare, sarebbero da tempo indaffarati nello studio di strategie vincenti col supporto tecnologico più avanzato, con rapidi e astuti sistemi di attacco e difesa, col preventivo di investimenti ingenti alla portata di pochi. Per non turbare lettori spensierati di fragile costituzione tralascio qui i dettagli tecnici e di cinismo politico. Mi limito solo a qualche considerazione più ovvia. Con la caduta del muro di Berlino di appena trent’anni fa, soprattutto grazie alla saggezza di Gorbaciov, l‘Occidente credeva (o faceva finta di credere) in un’era di distensione e cooperazione anche col rivale di prima; significativo l’accordo di parziale disarmo atomico (ora in crisi) siglato dai due leader di allora. Da tempo pare che americani (ed europei) abbiano dimenticato il „regalo della storia“ rinnegando lo spirito di Gorbaciov, artefice volontario della disgregazione del proprio impero come „blocco ideologico“. Andato in pensione, lo stesso Gorbaciov avrebbe voluto esporre agli occidentali le ragioni del proprio paese nella crisi in Ucraina e mediare, ma nessuno dei nostri politici ha voluto sentirlo; lo hanno ignorato e silenziato come se quell’eroe osannato fosse diventato d’un colpo paziente da manicomio. Gli occidentali preferiscono compiacersi piuttosto dell’isolamento e del progressivo indebolimento economico della Russia, opportunamente aggravato dalle nostre punitive e autolesioniste sanzioni commerciali. Per la pace della loro coscienza agli strateghi militari basta dimostrare con la propaganda che esistono i diavoli e che soprattutto uno va eliminato per realizzare in terra il paradiso dei buoni. Poco prima che la Cina entri come protagonista anche nella geopolitica militare, un conflitto nucleare riguarderebbe principalmente Stati Uniti (con Nato) e Russia. Ma è ingenuo pensare che la nostra Europa non ne sarebbe coinvolta. Potrebbe diventarne persino l’epicentro. Stando al citato documentario televisivo risulterebbe che la Germania stia pensando all’opportunità di accogliere nel proprio territorio supermoderne basi nucleari. Eppure per non rischiare un’avventura fatale ci sarebbe un’alternativa più agevole e indolore, persino proficua. Basterebbe che l’Europa (con le sue istituzioni e col benevolo sostegno degli USA) facesse il possibile per normalizzare i rapporti con la Russia, per riconoscerla se non come pezzo ancora mancante dell’Unione, almeno come possibile partner privilegiato, conforme alla sua storia, alla sua cultura, alle sue dimensioni territoriali, al ruolo che le compete al di là delle nostre simpatie o fobie. Con ciò non si vuole auspicare che l’Europa ceda a occhi bendati all’istinto mercantilistico, ma che si richiami soprattutto ai valori della propria identità (oggi piuttosto offuscata) per un mondo inteso come comunità etica. È quello che avrebbe fatto Willy Brandt con una Ostpolitik rivista dopo il muro. È quello che negli ultimi anni sollecitava Helmut Schmidt, che considerava fuori posto certe nostre pacchiane lezioni di democrazia al resto del mondo: l’ex cancelliere si limitava a indicarci il continente russo sul mappamondo e, d’altra parte, ci sfidava a contare uno per uno il miliardo e quattrocento milioni di cinesi. Forse sarebbe stato l’indirizzo di Helmut Kohl che, proponendosi di rifare l’Europa dopo la riunificazione tedesca, è stato bruciato vivo da un vecchio „scandalo“ di tangenti e dal defilarsi della sua Merkel. È quello che avrebbe voluto fare Gerhard Schröder se fosse stato riconfermato cancelliere, cosa non avvenuta per aver risanato con la giusta riforma le finanze tedesche senza curarsi del consenso elettorale. Ma statisti con grandi visioni di realismo umanistico non ce ne sono più o andrebbero ricercati col lanternino; e un pragmatismo spicciolo sui temi cruciali del globo potrebbe avere risvolti ed effetti drammatici. La storia dovrebbe insegnarcelo, ma la sua voce è diventata sottile, rauca. Resta l’imperativo nella coscienza di ognuno di noi a non lasciarsi travolgere dal rumore degli slogan, dall’istinto di associarsi a una qualsiasi fazione per il conforto della compagnia. Fondamentale è sentirsi e vivere come cittadini del mondo. Recentemente un politico alla ricerca di profilo, Macron, nel corso delle retoriche celebrazioni del cinquantesimo anniversario del primo allunaggio dell’uomo ha proclamato il proposito balordo di militarizzare lo spazio con adeguati sistemi di difesa. L‘ha detto forse per rivendicare l’ambizione della Francia a svolgere un ruolo da paese atomico. Purtroppo questa mentalità si è già orribilmente diffusa. Non l’umanità, ma ogni paese in competizione con gli altri tende al proprio dominio dello spazio orbitale, della luna, di Marte... Da giovane ho esultato anch’io la notte in cui Armstrong ha messo piede sulla luna… poi mi sono ricreduto e ora arrossisco di pudore. Non credo di essere un oscurantista. Personalmente amo la tecnologia, soprattutto la scienza, quella di Galileo, Newton e Einstein: la scienza come spirito di scoperta, non come strumento di conquista e di dominio. Amo la scienza che concorre ad affermare l’uomo, non ad alienarlo nell’arroganza dei pochi, dei forti, degli uni contro gli altri. Prima di essere „conquistata“, la luna apparteneva ad ognuno di noi come dimensione dell’anima, come ispiratrice e compagna di viaggio. Conquistatori, restituiteci quello che ci avete rubato! Dagli usurpatori ogni cittadino del mondo dovrebbe esigere, con la rivoluzione se necessario, un adeguato risarcimento, forse in rate mensili vita natural durante. Anche per metterli in guardia dal fare altrettanto con Marte e con lo spazio che nel futuro si aprirà all’esplorazione umana. Mario Tamponi